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Dante, Arianna e il labirinto

  • Immagine del redattore: Press Office
    Press Office
  • 2 mag 2020
  • Tempo di lettura: 6 min

Aggiornamento: 14 mag 2020

Intervista a Rodolfo Montuoro di Luigi Milani, “Applicando”

Applicando incontra Rodolfo Montuoro, una delle figure più interessanti del rock italiano del nuovo millennio. Musicista colto ma non pedante, audace sperimentatore di linguaggi musicali, l’artista è da sempre utente Mac. Come rivela egli stesso nel corso della nostra chiacchierata, Rodolfo considera il suo fido MacBook una sorta di estensione naturale della propria persona e ipod e iphone… beh, scopriamolo assieme nella nostra intervista!

Come nasce il tuo nuovo ep “Lola”?

Lola mi si è materializzata dal nulla, insieme alla musica, come un’allucinazione. Mi fa sbirciare in una stanzetta su una piazza periferica di Berlino in cui si aggira una donna ancora giovane e bella che sogna allo specchio il suo destino incompiuto. Da questa microvisione, si sviluppa una vicenda misteriosa e struggente, esile e lampante come dev’essere una canzone. Dopo Ulisse, Eros, Psiche, Euridice, Hannibal Lecter, Orfeo e il minotauro del Labirinto, Lola arricchisce il mio assortimento di ‘mitografie’. Coi suoi occhi desiderosi di futuro, ci introduce al tema assai notturno dell’incantamento. Questo leit-motiv percorre tutte le tracce di questo nuovo ep. Dopo la fascinazione pensierosa e sognante di Lola allo specchio, c’è quella di Dante che si immagina coi suoi più cari amici in un viaggio meraviglioso oltre tutte le rotte, sul vascello di Mago Merlino, in compagnia delle più belle pin-up fiorentine, “a conversar sempre d’amore”, seguendo le vertigini della poesia e della bellezza. Risplende di un incanto pericoloso e tragicamente seduttivo la chioma di Arianna in “Labyrinth” mentre, nell’ultimo brano, si invocano Mondi e Popoli, questa volta però a scongiurare il disincanto in cui fatalmente ci precipita la Storia e il Tempo. Insomma, quattro canzoni per declinare quattro modi del nostro incantamento al cospetto della notte e delle sue apparizioni.


Il nuovo album, “Nacht”, sta approdando nei consueti stores digitali con una modalità molto innovativa, distribuito nel tempo. Non temi il rischio della dispersività?

In un album di solito scegliamo e riconosciamo non più di tre o quattro pezzi. Tranne rare eccezioni, il resto rimane in ombra. Il cd con 10, 11 o 15 tracce ormai è un contenitore arrugginito e potenzialmente pericoloso per un musicista, perché a volte rischia di nascondere il suo lavoro piuttosto che portarlo alla luce, oltre a produrre uno spreco di musica inascoltata. Quindi, invece che all’album (ormai in via d’estinzione) mi piace pensare a un progetto, a un percorso. Il progetto Nacht è decollato l’anno scorso, nell’aprile del 2009, con i tre brani di Orfeo (disponibili unicamente in rete), continua con i nuovi quattro pezzi di “Lola” (appena uscito) e si concluderà quest’anno con il lancio dell’album intero nei negozi. I pezzi sono pubblicati a “puntate”, non più di quattro brani alla volta, distribuiti da Believe in tutti gli stores digitali. E ogni volta che esce una nuova “puntata” si riaccende la macchina della promozione, sia sul web che nei circuiti radiofonici più disponibili alle novità. I vantaggi sono molteplici: innanzitutto, un immediato feedback da parte degli ascoltatori che possono anche suggestionare con le loro reazioni gli step successivi. Sì va sempre più nel senso di un’interattività, di uno scambio che coinvolge anche chi ascolta nel processo creativo. C’è poi un vantaggio economico: prima ancora dell’uscita nei negozi, i primi brani sono già in vendita sul web (ITunes, NokiaMusic, Amazon, Napster, Real, Fnac, Virgin ecc.), e così concorrono a quella sorta di “accumulazione originaria” che serve a finanziare l’intera produzione. Inoltre, questo dosaggio tiene desta l’attenzione sul progetto per un periodo che dura quasi un anno.

Incidi per un’etichetta francese, la Believe: quando e come vi sei approdato?

Sono felice di far parte della scuderia Believe perché si tratta di una realtà che, pur essendosi ormai imposta in Europa come leader della distribuzione digitale, mantiene intatta la creatività e l’energia della start-up, la vocazione di cercare spazi sempre nuovi per la diffusione della musica. Vi sono approdato nel 2008.

L’industria discografica è in crisi. C’è chi parla apertamente di morte del disco, riferendosi non solo all’inesorabile declino del supporto musicale, il cd. Hai delle ricette per contrastare questa situazione?

Questa “crisi” è in un certo senso una manna del cielo, perché fa finalmente giustizia e rimette le cose a posto. Le grandi case discografiche hanno provocato la propria paralisi e quella dell’intero sistema. Hanno portato i prezzi della musica a dei livelli insostenibili. Hanno elitarizzato il consumo, facendo scempio dei musicisti e delle band più originali. A ciò bisogna anche aggiungere la politica miope delle catene distributive che hanno escluso l’accesso a tutto ciò che non provenisse dai canali più potenti. Praticamente, gli account manager delle grandi catene si sono limitati semplicemente a importare il catalogo delle major, togliendo spazio a tutto il resto. Mentre i direttori creativi delle case discografiche - sempre più disinformati e supini al sistema - facevano a gara per copiarsi a vicenda e per produrre dei cloni. Questo meccanismo paradossale ha strangolato sia l’ascolto che la produzione. Non c’è dunque bisogno di nessuna ricetta, perché non c’è mai stato un momento così vitale e avventuroso nel mondo della musica. È come se fosse crollato il Muro di Berlino: i vecchi poteri sono in crisi: tutto cambia e tutto diventa possibile. Adesso la grande scommessa è come fare business in questo marasma. Certo, la mano invisibile del mercato trova sempre una strada. Infatti la compravendita digitale è attualmente in crescita del 25% nel mondo, e sta avanzando in misura geometrica di mese in mese. La crisi colpirà a morte i canali tradizionali, e - come ama dire Rupert Murdoch – la mannaia si abbatterà su quei gruppi che hanno la presunzione e l’ottusità di tirare avanti esclusivamente con la notorietà del proprio marchio e non hanno trovato il modo di capire e di cambiare.

Sei molto presente sulla Rete, specialmente sui social network: una scelta mirata, immagino...

Certo, non si può non essere presenti. Oggi l’accesso alla musica è completamente dispiegato grazie ai network come YouTube, MySpace, Last-fm, Rapsody, iMeem, iLike, Lala ecc. Praticamente, bastano un computer e un collegamento online per avere gratuitamente accesso – in streaming – a quasi tutto il repertorio universale. Nei social network dedicati alla musica, si assiste a una continua e ininterrotta proliferazione di gruppi e di musicisti che sperimentano e cercano autonomamente la propria strada e il proprio mood. C’è un aspetto che per me è ancora più avvincente: nel social network sei contemporaneamente attore e spettatore, musicista e ascoltatore. Ormai adopero MySpace come una specie di radio “intenzionale”, trovo continuamente nuovi gruppi, nuovi stili, sempre fuori dai canoni, in ogni angolo di mondo. E allo stesso tempo sono sempre presente con la mia musica. Credo che il vecchio sogno punk di portare sullo stesso stage, insieme ai musicisti, anche gli ascoltatori, tutti insieme a “pogare”, sia finalmente possibile in questa dimensione. C’è uno scambio reale, fuori dalle stucchevoli liturgie del concerto o dello star system.

Che ruolo gioca il Mac in questo tuo versante “comunicativo”?

Il Mac, anzi la “filosofia-Mac” gioca un ruolo essenziale, almeno per me. Intanto sono convinto che l’intelligenza d’interfaccia e le modalità ipertestuali che Apple ha introdotto abbiano avuto un influsso non indifferente nella progettazione del World Wide Web e di quei client che oggi tutti noi usiamo e che consentono una navigazione friendly e intuitiva. Certo, ormai tutto questo è disponibile anche su piattaforma pc. Tuttavia, la “simpatia” immediata che un Mac istituisce con la nostra mente e con le nostre facoltà creative è insuperabile. In tutto questo, anche il design gioca un ruolo fondamentale. Lavorare in ambiente Mac per me è più rilassante, più armonioso e anche più utopico, più istigatorio a risolvere problemi, a inventare soluzioni e, quindi, a comunicare. Non è un caso che il Mac sia ancora oggi la piattaforma maggiormente utilizzata per le applicazioni creative, sia quelle musicali, sia quelle grafiche e multimediali.

La tua musica si sta orientando sempre più verso il rock, in particolare il progressive, un genere per tradizione legato a certe sonorità di tastiere e chitarra. Qual è il tuo rapporto con la computer music?

Nei miei dischi cerco sempre di dosare – senza forzature – la tipicità dei legni, delle corde, delle pelli o degli ottoni con la naturale versatilità della computer music. Così i groove più insoliti ed elettrici si trovano a convivere coi suoni reali della cornamusa, dei whistles, del djdjeridoo, del doudouk, degli archi, delle chitarre e con il pandemonio delle percussioni. Credo che questa sia proprio una caratteristica del mio stile, condivisa felicemente anche con Giuseppe e Gennaro Scarpato, i magnifici musicisti che lavorano insieme a me da qualche anno.

Quali software utilizzi e con quali ti trovi meglio?

Trovo utilissimo e assai comodo Garage Band, che mi permette di “prendere appunti” al volo, di fissare delle tracce, di farmi anche una prima idea di quali potrebbero essere le coloriture e l’arsenale strumentale. Poi ci portiamo avanti con Logic Studio, che è davvero un programma completo, potente e, nello stesso tempo molto flessibile. Ora, con i nuovi plugin Amp Designer e Pedalboard, è diventato un vero e proprio paradiso per il chitarrista.

Che modello di Mac utilizzi al momento?

Attualmente uso un MacBook Pro, che porto sempre appresso nello zainetto. Direi che, più che un computer, per me ormai è una protesi.

Come ascolti musica quando sei “on the road”?

Ipod e iphone rappresentano la mia personale mutazione genetica. Infatti, sono sempre cablato ad ascoltare, immerso nelle mie interminabili playlist, in una perenne colonna sonora. Con gli occhi a scivolare sul mondo, al ritmo della musica.

Progetti futuri?

Ora sono ingaggiatissimo nel progetto Nacht, che mi terrà impegnato e col fiato sospeso fino all’estate. Mi piace molto quest’ultima domanda, perché posso tornare alle prime che mi hai fatto. I miei progetti sono infatti un tutt’uno con quello che attualmente sto facendo. E così il cerchio si chiude (e ricomincia…).


Luigi Milani, “Applicando”, n. 285, 2010

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